28 aprile, 2008

25 aprile







Arriviamo verso le cinque, sul palco due ragazze cantano "la casa è di chi l'abita e vile è chi l'ignora, il tempo è dei filosofi la terra è di chi la lavora" ma inizia una pioggia leggera che le zittisce. Parlano il sindaco e l'assessore da sotto un grande ombrello. Dopo il sobrio applauso finale l'attenzione dei pochi si distrae, sul palco rimasto deserto sale un bambino che si aggrappa al microfono silenzioso con versi da rockstar. La poca gente rimasta si consola con il vino, i baccelli e il pecorino. Tutti parlano con voci sommesse, o stanno in silenzio. Ma non ci sono facce scure, piuttosto sorrisi malinconici. E il sorriso felice del bimbo che ha avuto in regalo l'intero mazzo dei palloncini della festa.

2 Comments:

Blogger Fabio said...

Sai che e' quello che ho provato quando stamattina ho aperto il sito di Repubblica e ho visto la folla festante di Roma alle prese con saluti romani e croci celtiche? Non rabbia, nemmeno tristezza, solo malinconia. Il senso che un sogno e' stato sotterrato e sulla tomba di quel sogno si balla e si fa festa. Ma quello era il mio sogno, maledizione e io ci credevo che un giorno.

6:32 PM, aprile 29, 2008  
Blogger lophelia said...

"non rabbia, nemmeno tristezza, solo malinconia".
Ricorda una canzone di Claudio Lolli (che ci pareva triste e non sapevamo quanto sarebbe stato più triste il seguito).
Ho visto anche dei comunisti felici....

9:44 PM, aprile 29, 2008  

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