Ripensando
L'altro giorno guidando ripensavo a tante cose, succede, specie a fine anno. E ripensando a un uomo che non vedo più mi è tornato in mente l'ultimo verso di una poesia scritta da un'amica anni fa, e poi di lì il resto della poesia.
Lei si chiamava Cinzia (ma non è la nostra Artemisia), la presentò ad una rassegna, io di poesia non me ne intendo, non vinse ma secondo me lo avrebbe meritato perché era scritta col sangue, il sangue vivo delle ferite ancora aperte. Si intitolava "Paradise Lost", e diceva così:
Io conosco il Paradiso Perduto
l'ho visitato fin nei suoi confini
culla di beatitudine
forziere di profumi
non pensatelo distante
sua la vertigine delle cose compiute
stava tutto nel chiuso cerchio
delle tue braccia.
19 Comments:
Accidenti ai bilanci di fine anno.
(bellissima la poesia)
splendida la poesia.
mi domando di come sia nata e, indirettamente quindi, del tuo bilancio.
perche' il paradiso e' andato perduto? chi ha deciso dei due che era tempo di spezzare quel cerchio di braccia?
come ci comporteremmo se potessimo tornare indietro all'attimo in cui abbiamo perso quel paradiso? e se il paradiso fosse qui, ora, riusciremmo a provare almeno a riconoscerlo? a trattare questo momento presente come se vi fossimo tornati da un futuro in cui il rimpianto per la perdita di quel paradiso ci dilania?
forse il tutto e' un po' contorto...perdonatemi, in questi giorni anche io sono perduto in paradisi...
Antonio: l'autrice condensava in realtà una storia di qualche anno. Quando la conobbi l'aveva appena iniziata e fu la prima cosa di cui mi parlò: era radiosa, i capelli una criniera leonina di un rosso fiammante, ed era vestita con una tuta militare in omaggio a "lui" che era a fare il militare non so dove. Anni dopo quando lui l'abbandonò per un'altra, lei si presentò alla rassegna con questa poesia, i capelli cortissimi alla giovanna d'arco, viso pallido e segnato, vestita (lei stessa diceva) da zitella inglese.
La sua sofferenza aveva qualcosa di grandioso, quasi epico.
Arte, Henry:
non era un bilancio di fine anno, ripensavo più in generale. E' la memoria del corpo che periodicamente risale in superficie.
In questo caso il paradiso è andato perduto perché alla simbiotica fusione dei corpi non è corrisposta quella delle menti.
Il chiuso cerchio si è spezzato per colpa delle parole.
Il Verbo è stato il peccato originale, si potrebbe dire...
E se potessimo tornare indietro sarebbe lo stesso, lo sappiamo bene anche se questa domanda non smettiamo mai di farcela.
Henry goditi un po' di paradiso anche per noi.
cara lophelia, grazie per il pensiero. purtroppo qualche volta i paradisi vogliono perdersi...e a noi non resta che provare a trattenerli.
A volte pero' non c'e' una ragione, e i paradisi si perdono lo stesso. Succede quando si danno per scontati - cioe' per me sempre fino a quando il paradiso lo perdo. E passano gli anni, i decenni, ma quell'errore lo faccio sempre, sempre.
mi viene da dire che un paradiso che contiene in sé il germe della perdizione è imperfetto, come non dovrebbe essere un vero paradiso.
Lophelia, è un paradiso terrestre (dove infatti c'è il serpente)
gli unici paradisi possibili sono quelli in terra...malgrado la presenza dei serpenti. e' che io ho sempre pensato di esser forte abbastanza da ucciderli. e lo penso ancora.
quando si guida ( possibilmente ad andatura blanda ) si è portati molto di + a fare pensieri particolari, ci si rilassa quasi e a volte viene una certa malinconia :) che non significa per forza tristezza
spero tu stia bene....
nano nano
La storia dell'autrice mi ha messo un pò di tristezza.
La poesia, invece, la trovo soavemente paradisiaca.
Fabio: mi ricordi una persona che ho conosciuto bene, che continuava a fare quell'errore e per questo ha perso molte donne. Ho visto molto da vicino come funziona... la soluzione dall'esterno sembra ovvia: mai dare l'altro per scontato, appunto. Ma non è così semplice. Credo abbia molto a che fare con l'ostinarsi a desiderare per forza quello che non abbiamo. Mi viene in mente un bellissimo film con Michel Piccoli, è tanto che volevo parlarne, magari ora è la volta che mi decido.
Arte: è vero, è terrestre, dimenticavo...l'unico possibile, come dice Henry. Forse più che ucciderli i serpenti bisognerebbe trovare il modo di incantarli, di raggirarli.
Nessuno: l'andatura sì era blanda, la malinconia no non era tristezza... io sto bene, spero anche tu, e oggi è una bella giornata. Grazie:)
Tack: l'autrice era stata comunque molto felice prima di essere triste:)
E l'arte migliore secondo me è fatta col sangue. E' lavoro alchemico, l'opera al nero, è la sofferenza che si trasforma in qualcosa di bello.
La poesia è veramente bellissima. Peccato per il motivo di ispirazione però, povera ragazza.
A me è piaciuta, e condivido insieme a te che avrebbe dovuto vincere, solo per aver utilizzato la parola vertigine, e qui mi viene in mente L'insostenibile leggerezza dell'essere (cito):"Chi tende continuamente "verso l'alto" deve spettarsi prima o poi d'essere colto dalla vertigine. Che cos'è la vertigine? Paura di cadere? Ma allora perché ci prende la vertigine anche su un belvedere fornito di una sicura ringhiera? La vertigine è qualcosa di diverso dalla paura di cadere. La vertigine è la voce del vuoto sotto di noi che ci attira, che ci alletta, è il desiderio di cadere, dal quale ci difendiamo con paura"
È vero, il Paradiso perduto c'è esiste,ma l'Eden lo si può sempre, se lo si vuole veramente, riscoprire.
parole sante
Kit: io non l'ho mai pensata come "povera ragazza", anche se l'ho vista star male, e mi ricordo di quando mi raccontava che era uscita da casa di lui dopo la rottura chiedendosi "E adesso dove vado?".
Ma aveva comunque vissuto una grande passione, era riuscita a conquistare dopo un anno di corteggiamento l'uomo dei suoi sogni, e come disse Sylvia Plath: "quando i sogni si realizzano, anche gli incubi diventano realtà".
Poi ha trovato dentro di sé risorse e forza inaspettate, che non avrebbe mai scoperto se fosse rimasta nel paradiso.
Sonia: grazie della citazione, è bellissima. E' vero, la parola vertigine apre un mondo intero.
Brindiamo allora in questo inizio anno alla riscoperta dell'Eden.
Zefirina: ciao! bentornata e auguri di buon anno. L'altro giorno sul tuo blog ho visto la foto dei tuoi occhi, mi è piaciuta molto!
a proposito di paradiso:
LA VITA SECONDO ADAMO
di BERNARDO ATXAGA
Si ammalò Adamo nel primo inverno dopo la sua uscita dal paradiso
e spaventato dai sintomi, la tosse, la febbre, il dolore di testa,
si mise a piangere come avrebbe fatto Maria Maddalena anni più tardi,
e rivolgendosi a Eva, "non so cosa mi succede" gridò, "ho paura"
"amore mio, vieni qui, credo sia giunta l'ora della mia morte".
Eva fu molto sorpresa nell'udire quelle parole, amore, paura, morte
e le sembrò che appartenessero ad una lingua strana, estranea a ciò che è paradisiaco,
e se ne andò tenendole in bocca, masticandole come pepite, come radici,
fino a che le sembrò, amore, paura, morte, di comprendere del tutto il loro significato.
Nel frattempo Adamo si era già ripreso, e si sentiva di nuovo felice, o quasi.
Fu solamente, quell'avvenimento extraparadisiaco, il primo di una lunga serie,
così che Adamo ed Eva continuarono, per così dire, a prendere lezioni intensive
della lingua che diceva amore, paura, morte, imparando parole come
stanchezza, sudore, risata, canzone, carezza o carcere;
man mano che il loro vocabolario si sviluppava, le rughe della loro pelle aumentavano.
L'ora della morte, quella vera, giunse per Adamo quando era già molto vecchio,
e volle allora trasmettere ad Eva ciò che aveva imparato, la sua ultima verità.
"Sai, Eva?", le disse, "la perdita del paradiso non fu in realtà una disgrazia.
Malgrado gli sforzi, malgrado la faccenda del povero Abele e tutti gli altri conflitti,
abbiamo conosciuto l'unica cosa che, parlando nobilmente, può chiamarsi vita".
Sulla tomba di Adamo si versarono lacrime copiose, di acqua e sale,
che caddero a terra e non innaffiarono giacinti, né rose, né fiori di alcun tipo,
e di tutti loro fu Caino quello che, paradossalmente, pianse più sfacciatamente;
Allora Eva ricordò con affetto lo spavento di Adamo nel momento della sua prima influenza,
e tutti si calmarono, e se ne andarono, e bevvero qualcosa, e mangiarono una brioche.
(traduzione del sottoscritto)
Francesco: grazie per questo racconto, che non conoscevo. Quindi è vero che a perdere i paradisi si guadagna qualcos'altro, consoliamoci...
E' che empaticamente mi sono identificata e "povera ragazza" era la mia sensazione leggendo le poche righe della sua storia. Ovvio che ci saranno sotto altre cose e anche momenti molto molto felici.
Però è l'eterna (per me?) questione, no, l'arte che arriva dalla sofferenza... Non si può essere artisti e persone felici? Etc etc
(ok è un pò lunga da tirare fuori qua, però era per far capire la mia reazione al tuo post)
Kit: sì, capisco. Riguardo all'arte secondo me la sofferenza viene più dal profondo, ed è forse per quello che produce le cose più belle. Ma ci sono stati anche artisti famosi e gaudenti, tipo Picasso o Bernini ed esempio, quindi la mia è solo un'idea.
Grazie per la precisazione.
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