Un po' di senso
Nell'attesa di riuscire prima o poi a migrare verso il centro, ho provato intanto per un giorno l'ebbrezza di lavorare nel cuore della città. A differenza del quartiere, la sede centrale ha prevalentemente un'utenza di cittadini non italiani, comunitari e no. Superare l'iniziale timore di non riuscire a capirsi e aiutarli ad orientarsi nei mostruosi labirinti del sistema giuridico-burocratico italiano districando norme in continuo mutamento e fatte apposta per confondere chi le deve mettere in pratica è l'unico aspetto umanamente interessante del mio attuale lavoro. Lo so, rischio la retorica, ma guardarli negli occhi e vedere alla fine i loro sorrisi di ringraziamento è l'unica cosa che mi restituisca un po' di senso.
Poi ci sono altre cose buffe, come la signora di una certa età che al momento di dichiarare la professione mi dice: "beh, sono stata la prima istruttrice di volo in Italia, ma ora scriva pure casalinga", e si mette a raccontarmi delle foto aeree che faceva e sviluppava in camera oscura. Oppure la giovane donna agitatissima che vuole un estratto di stato civile e ne ha bisogno presto perché deve partire per la Nuova Zelanda e il documento le serve appunto per prendere la residenza laggiù. La osservo alzarsi e scappare in fretta con in mano un libro del costituzionalista Cassese, "Oltre lo Stato", e non posso fare a meno di immaginare un nesso tra lo studio di certe cose e la fuga in Nuova Zelanda.
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