Clara Sereni nei suoi libri descrive i momenti migliori degli anni '70 come “quel tempo rosso in cui dicevamo: noi" .
Sarà possibile, mettendo a frutto gli errori di allora e il deserto che è venuto poi, riattraversare i confini dell'io per tornare a noi?
8 Comments:
Tra anni si'. Ma noi forse saremo gia' altrove.
Tuttavia, un percorso individuale da io a noi e' un viaggio coinvolgente (nel senso che coinvolge, positivamente, tanti con i quali entriamo in contatto).
ma ne son già passati tanti di anni, dici che non basta?
Più che un percorso me lo immagino come un sentimento. Che vada oltre la propria cerchia di affetti, verso la collettività. Delirio da prima mattina, lo so.
No, affatto, niente delirio. Anzi, se non si riesce a crearlo e curarlo, questo sentimento della collettività, la vedo veramente brutta.
Forse si potrebbe iniziare dal "tu". Sarebbe già tanto. Uscire dall'io=io imperante.
arte: sì, anche se non mi sembra tanto, mi sembra il minimo - con questo non volendo dire che sia sempre facile.
Il minimo non esiste, purtroppo.
E' percorso e sentimento. Percorso guidato di un sentimento. Una cosa non esiste senza l'altra.
Ma insomma, queste sono parole, ognuno sa dentro di se' da dove partire o come proseguire.
Non e' facile, non e' il minimo, o forse il minimo e' gia' molto.
Quello che intendevo e' che si' sono passati tanti anni, ma un altra presa di coscienza collettiva non la vedo.
C'e' un grande torpore: li', qui, in Norvegia forse meno voglio pensare (Arte lasciami le mie fantasie), ma un po' ovunque.
le prese di coscienza intanto sono iniziate, da individuali diventano di gruppo, a diventare collettive ci mettono un po' di più...
La percezione immagino dipenda dagli ambienti che si frequentano, io forse mi sto illudendo perché frequento (e trovo sempre più) persone "coscienti"....
comunque se avete voglia mi sembra attinente questo post con i relativi commenti
ps l'articolo di Wu Ming citato da Lorella è questo
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