01 novembre, 2006

Sensibilmente

Immaginate per un attimo di essere privi della vista. Le vostre dita sfiorano una frusciante carta velina, per poi incontrare poco sopra due batuffoli di cotone in mezzo ad una superficie più liscia. E’ un paesaggio, vi dicono. Voi cosa “vedete”?


In questi giorni a Firenze ha inaugurato il Museo Nazionale Alinari di Storia della Fotografia. Raccoglie e mostra fotografie dalle origini ad oggi, più un inedito esperimento: un percorso tattile di fotografie “tradotte” per non vedenti. Proprio poco tempo fa da Claudia avevamo parlato di percorsi tattili, e del fatto che in un mondo tattile le fotografie sarebbero tagliate fuori. Quello che ho visto e sentito in questo percorso non mi ha certo convinta del contrario.

Al progetto hanno collaborato la Stamperia Braille e l’Istituto Ciechi, e l’ideazione delle singole opere è stata curata dagli stessi non vedenti.
Naturalmente non esiste un codice Braille per le immagini. Ciascuna di queste traduzioni è quindi un’interpretazione arbitraria che intende “far vedere” la foto a tutti i non vedenti, ognuno dei quali l’avrebbe probabilmente tradotta a modo proprio.
Il ritratto di un uomo con barba diventa un bassorilievo con una barba di stoppa, e fin qui poco da dire.
Ma le forme dei faraglioni di un paesaggio marino sono state riprodotte con corteccia di albero, e il mare con una lastra metallica. E allora, mi viene da pensare, perché non pietre immerse nell’acqua? Se io non vedo e le mie dita sentono corteccia d'albero perché non dovrei pensare ad un albero?
La carta velina del paesaggio, lo spiega la didascalia anche in braille, sta per un giallo campo di grano e il fruscio prodotto dalle dita che la sfiorano allude al rumore del vento e al frinire delle cicale. Poetico, forse, ma perché privilegiare il canale uditivo tralasciando il tatto, che dalla carta liscia non deduce certo informazioni sul grano? La didascalia diventa indispensabile per guidare l'immaginazione.

La fotografia è sempre un’interpretazione di quello che si vede. Ha senso interpretare soggettivamente un’interpretazione? Sì, no, forse. Ma in questo caso diventa un’altra opera di un altro interprete, e allora avrei voluto leggerci sotto il nome dell’autore.
E poi un’altra cosa. Queste opere sono state colorate secondo i colori dell’originale. E qui mi si confonde ulteriormente il senso dell’operazione: decidiamoci, sono pensate per i ciechi o sono qualcos’altro?

Andrò a leggermi il catalogo, forse ci troverò il vero senso. Ma preferirei verificarlo nelle impressioni dal vivo di un visitatore cieco.

14 Comments:

Blogger Myrea said...

In effetti, era una domanda che non mi ero mai posta. Come possono i ciechi "sentire" le foto?
Secondo me, chiedere un parere al diretto interessato è una buona idea.

11:26 PM, novembre 01, 2006  
Blogger rodocrosite said...

Io la conosco una ragazza cieca praticamente dalla nascita e per fortuna è una di quelle che non si fa problemi a parlare della sua situazione: appena la vedo proverò a chiederglielo.

1:16 AM, novembre 02, 2006  
Blogger Claudia said...

Passo di sfuggita per leggere il post che attendevo.
Mi fa piacere che il discorso non vedenti e ipo vedenti si diffonda anche a questi esperimenti che costituiscono "le rose" di una vita in cui spesso "il pane" delle soluzioni quotidiane basta, ma svilisce.
Scrivo da una biblioteca comunale di Champaign di fronte ad una intera parete di libri scritti in caratteri 16. So di una casa editrice italiana che ha iniziato a stampare cosi', ma trovarsi davanti ad una intera parete di una biblioteca pubblica, mi dice tante cose.
I colori nella foto. Quanto io ero bendata e percorrevo le forme di una ceramica non riuscivo ad avvertirli e chiedevo alla guida se il pezzo fosse in biscotto o gia' colorato. Ma i miei polpastrelli sono veramente poco allenati. Una persona cieca puo' riconoscerli, lessi. Ed allora capisco la storia del colore.
Su quella dell'interpretazione d'autore riflettero', ma immagino che materiali e didascalie possano essere frutto di un lavoro di gruppo.
Spero che un giorno non saremmo solo Politically correct, ma culturally correct.

3:00 AM, novembre 02, 2006  
Blogger lophelia said...

Piperita: sì, penso che ci tornerò per approfondire.

Rodo: se è di Firenze potrebbe visitare la mostra. Poi ne parliamo.

Claudia: mi piacerebbe molto capire l'aspetto del riconoscimento del colore. Se ha a che fare con la qualità freddo/caldo, come lessi una volta. Grazie per quello che scrivi, forse io sono troppo polemica perché non è frequente vedere iniziative "illuminate" da queste parti e una sensibilità come quella che tu descrivi da parte delle istituzioni è ancora lontana.

8:57 AM, novembre 02, 2006  
Blogger astralla said...

Se posso dirlo..trovo che questo post sia fantastico e la mostra di cui parli una cosa da non perdere assolutamente. Grazie!

1:32 PM, novembre 02, 2006  
Blogger lophelia said...

Astralla: mi fa piacere che ti abbia interessato! altre informazioni dovresti trovarle sul sito www.alinari.it

Claudia: mi correggo, intendevo "prevenuta" più che "polemica"

1:57 PM, novembre 02, 2006  
Blogger Fabio said...

A me piace la definizione "diversamente abili". Non "disabili". Che vedono diversamente, non che non vedono. Mi sembra che il percorso abbia voluto sottolineare questo concetto, scartando associazioni immediate, interpretando invece di cercare di riprodurre. Sbaglio?

7:03 PM, novembre 02, 2006  
Blogger lophelia said...

Fabio: credo che tu abbia ragione. Insomma sono stata troppo critica. Ma prometto di tornarci senza la folla domenicale per capire meglio.

8:07 PM, novembre 02, 2006  
Blogger Andrea (sdl) said...

Però una cosa è vera : stiamo sempre dando maggiore importanza all'apparato visivo che quello tattile.

A berlino, mi han raccontato, c'è un ristorante dove mangi al buio. L'idea personalmente mi ispira tantissimo e sarebbe bello appunto "stimolare" questi sensi anche in chi non deve farlo in maniera obbligata. No?

Andrea (sdl)

2:14 PM, novembre 05, 2006  
Blogger lophelia said...

Andrea: mi piacerebbe provare quel ristorante! certo uno deve fidarsi...
comunque anche girare un po' bendati per la propria casa è un'esperienza che ti fa scoprire molte cose sulle potenzialità trascurate dell'apparato sensoriale.

3:09 PM, novembre 05, 2006  
Blogger Claudia said...

Lophelia: l'altro ieri, per puro caso, siamo finiti nella sezione dell'Art Museum - i cui link molto appropriati sono sul sito di Pib -.
Una delle opere riportava, trascritta a mano su un foglio d'appunti, la definizione dell'enciclopedia britannica:
Photografy cannot record abstract ideas.

Abbiamo riso molto e ti abbiamo nominato.

5:29 PM, novembre 06, 2006  
Blogger lophelia said...

Claudia: avrei riso molto anche io con voi! vado a vedere i link, grazie...

9:29 PM, novembre 06, 2006  
Anonymous Anonimo said...

Io sa ipo-vedente certificato ho provato a spiegare quanto si vede e come si veda, il guaio che non è spiegabile il "quanto non" si veda perchè non lo si sa perchè non lo si suppone se non lo sia ha mai provato prima
Credo che sia irrazionale il meccanismo che porta ada ffinare i sensi superstiti
Piccoli accorgimenti rivoluzionano la vita per esempio io adoro premere non meno di quattro volte ctrl+ in firefox

Paolo ....che sa bene quanto vede ma non puo spiegarlo,

12:48 AM, novembre 11, 2006  
Blogger lophelia said...

Ciao Paolo, ti pensavo proprio ieri, mi chiedevo se avrei mai letto un tuo commento!
mi sarebbe piaciuto sentire le tue impressioni su questa mostra anche se capisco non sia facile adattare il linguaggio all'esperienza.
Se "passi" da Firenze...
ciao a presto!

11:39 AM, novembre 11, 2006  

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