24 marzo, 2009

Il dio selvaggio e altri angeli caduti

Sylvia Plath, poetessa e scrittrice americana, morì suicida nel febbraio 1963. La sua opera e la sua biografia da allora sono state studiate, analizzate, eviscerate. Nessuno ha resistito ad un intreccio così potente di Arte, Amore, Follia e Morte. E nessuno si è preoccupato dei due piccolissimi bambini sopravvissuti. Più volte citati nel rievocare la scena del suicidio, nessuno si è chiesto come sarebbero sopravvissuti dopo, al resto.
La figlia Frieda vive in Australia, è pittrice e poetessa e ha scritto versi feroci su tutti quelli che si sono appropriati della vita di sua madre. L'altro figlio viveva in Alaska, e si è tolto la vita nei giorni scorsi.

Nella raccolta di versi che il marito Ted Hughes ha dedicato a Sylvia c'è una poesia dedicata ai figli, intitolata "The Dogs Are Eating Your Mother".
In un'intervista più recente su Time, la figlia trova una spiegazione a tutto questo: "I think part of it is that people in a way almost analyze themselves through their subject. This is just my guess."
Non giustifica. Spiega soltanto.

12 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Ecco, invece io ho spesso pensato a quei due bambini che dormivano mentre la madre era lì con la testa nel forno a gas. Ci ho pensato per molti motivi, sia per il culto della Plath nel quale sono cresciuta e sia per altri, più autobiografici, che sai.
Non può essere stato facile crescere con una tale storia alle spalle.
Professionalmente, so che è dimostrata un'ereditarietà nella scelta del suicidio. Se questa sia da ricondurre a modelli di comportamento acquisiti o ad una componente genetica (la depressione è anche neurotrasmettitori) non si sa, probabilmente entrambe le cose.
In questo caso poi, l'attenzione della comunità letteraria e poi anche cinematografica su SP e TH(con le proiezioni di tutti su tutto) avrà sicuramente complicato le cose.
Di fatto, il suicidio del figlio mi colpisce, ma non mi stupisce.

8:38 AM, marzo 25, 2009  
Blogger lophelia said...

Ieri sempre su Repubblica c'era un commento di Eugenio Borgna che non condivide la tesi dell'ereditarietà. Sulla quale non mi pronuncio, non avendo nessuna competenza in materia.
Da riflessioni personali mi convinco però sempre di più che sia impossibile cercare di distinguere le componenti "biologiche" da quelle del vissuto, vista la loro reciproca interdipendenza e continua influenza reciproca.
Per tutto questo il fatto colpisce ma non può stupire, è vero. E la loro famiglia continua a fare da schermo di proiezione dei fantasmi collettivi.

9:29 AM, marzo 25, 2009  
Blogger CICCILLO said...

io credo che il suicidio di un artista o di un poeta, alla fine, è qualcosa che riesce solo a limitare la nostra percezione della sua opera.
è come un timbro, unico monotono e incancellabile, che da una parte ci rassicura e dall'altra ci respinge.
e inoltre ci confonde, impedendo di comprendere davvero il valore di quello che leggiamo o ascoltiamo.
da questo punto di vista, meglio una sana morte per affogamento accidentale o, che so, un diabete non diagnosticato.
in quel caso magari rimane il dubbio, della serie: "che cosa avrebbe ancora scritto o suonato se non...".
ma almeno siamo esenti da una fruizione inficiata dal senso di colpa, oltre che dalla curiosità morbosa.

9:58 AM, marzo 25, 2009  
Blogger lophelia said...

Francesco: nel caso dell'artista in questione si trattava di un tema già presente esplicitamente in tutta la sua opera. E' difficile non interpretarlo come un compimento.
Forse è un limite, ma d'altra parte se è accaduto non vuol dire che era, in qualche modo, "necessario"?
(aiuto, non vorrei aprire una diatriba determinismo-libero arbitrio...)

11:37 AM, marzo 25, 2009  
Blogger Henry said...

non riesco ad esprimermi sul suicidio e non proveró a farlo.

mi ha colpito molto peró questo post per tutti i rimandi a situazioni di dolore profondo e inarginabile che purtroppo fanno parte della vita di ognuno, poeti, figli di poeti, gente comune.

e poi mi ha colpito immensamente la foto che é diventata immediatamente la mia foto preferita tra le tante che ho visto tue.
la promessa di quell'angelo, bellissimo e altero, sprezzante e irragiungibile dietro la finestra chiusa, é un'eco fortissima di temi che in qualche modo, per me almeno, sono molto vicini a quelli del dolore, del distacco e quindi del suicidio.

ecco, se mai dovessi vendere quella foto, hai giá un acquirente.

2:14 PM, marzo 25, 2009  
Anonymous Anonimo said...

Lungi da me ogni tentativo deterministico di ridurre il suicidio all'ereditarietà, o di darne spiegazioni letterarie o pseudosociologiche, e so che tra noi ci capiamo.
Come dici tu, però, quello del suicidio "annunciato" e della morte in generale è un tema dominante in SP, già dalle lettere alla madre o da "The Bell Jar". Non è una delle morti che poteva fare, è l'unica possibile sua morte.
E allora io mi domando cosa avrà significato questo per i figli, e in parte ho una risposta.

Poi condivido assolutamente quello che dice Henry sulla foto: dolore, distacco, bellezza. Se è in vendita, ce la litigheremo.

3:26 PM, marzo 25, 2009  
Blogger lophelia said...

henry, arte: non litigate, siamo nell'epoca della riproducibilità tecnica e anche oltre! e fino a due tirature una foto non perde valore, per cui quando volete...
:)

sai henry, più che irraggiungibile io lo vedo come se suo malgrado lui abbia raggiunto noi, con la sua ala spezzata. E sia lì forse in attesa di cure, per volare di nuovo.

Arte, sai che la figlia ha un sito a suo nome, in cui dichiara subito dalla prima pagina di essere "la figlia"? consapevole di non poter sfuggire a questo impegno...e al tempo stesso mostra la sua arte e una vita "normale", e nelle interviste quando le dicono "somiglia a sua madre" lei risponde "ho quindici anni più di quanti ne aveva lei quando morì, ormai comincio a somigliare di più a mia nonna".


Vi ringrazio molto, tutti, per i vostri commenti, avevo paura di aver fatto un post troppo cupo che avrebbe fatto il vuoto.

8:44 PM, marzo 25, 2009  
Anonymous Anonimo said...

Forse è vero che le femmine sono più robuste dei maschi.

(guarda me e i miei fratelli)

Vorrei riuscire a pensare come Frida, invece io sono ancora "la figlia".

Grazie a te per questo post.

9:20 PM, marzo 25, 2009  
Blogger Claudia said...

che effetto questo post.
Nel mio viaggio in Brasile ad ottobre mi sono dovuta confrontare molto da vicino con il tema del suicidio e con ragazzi anche giovanissimi con tentativi di suicidio alle spalle.
Nei mesi successivi avevo pensato che, se un giorno riuscissi a tornare lì, vorrei fare con loro un laboratorio di poesia partendo proprio da SP.
e ora leggo dei figli. e mi chiedo: lo direi a quei ragazzi?
penso di si. non si meritano anche la menzogna. e cercherei di capire da loro.

Il nome Frieda anche mi ha colpito tantissimo. è la variazione con cui Frida Kahlo di firma spesso. e anche la Frieda vivente è pittrice e usa il suo corpo per dialogare.

e pensavi che avremmo taciuto davanti a tutto questo????
grazie lo!

12:27 PM, marzo 26, 2009  
Blogger lophelia said...

Arte: è la stessa cosa che ha detto mia madre commentando la notizia...non so, le statistiche parlano sempre delle donne come più esposte alla depressione e varianti (tra l'altro spesso non considerando, nel confronto, le diverse pressioni sociali a cui sono sottoposte).
Anche qui, sono molti i fattori da valutare.

Claudia: un laboratorio su SP potrebbe essere catartico...da maneggiare con cautela, ma tu ci riusciresti senz'altro. Anch'io ho pensato a Frida Kahlo...

12:51 PM, marzo 26, 2009  
Blogger giardigno65 said...

Bambino
Il tuo occhio chiaro è la cosa più bella.
Voglio riempirlo di colore e di papere,
dello zoo mai veduto
di cui inventi i nomi -
neve d'aprile, pipa indiana,
piccolo
stelo senza grinza,
stagno in cui le immagini
devono essere grandiose e classiche
non questo inquieto
torcersi di mani, questo buio
soffitto senza stelle.
Sylvia Plath

10:56 AM, aprile 06, 2009  
Blogger lophelia said...

Giardigno, benvenuto su Fotosensibile e grazie per aver dato voce a Sylvia.
Struggente.

7:17 PM, aprile 06, 2009  

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