Piccoli dubbi quotidiani
Quanto c'è di buono e giusto nelle nostre azioni quotidiane?
Quanto spesso siamo mossi verso gli altri dal nostro bisogno e dalla ricerca del nostro bene, e quanto siamo capaci di affiancare a questi la cura del bene altrui?
Vediamo realmente gli altri per quello che sono? O solamente come proiezione dei nostri bisogni e desideri?
Quanto sappiamo vedere al di là dei nostri desideri, per chiederci cosa comportano per gli altri?
33 Comments:
1) Difficile dare una risposta quantificabile. Direi che dipende da molte cose, ma in generale penso che la ricerca del bene sia un dovere morale, e anzi lo scopo della nostra vita.
2)Il salto qualitativo di cui parli non viene naturale, necessita di un faticoso lavoro quotidiano che ci fa prima di tutto vedere l'altro, poi percepirne i bisogni, infine lavorare per il bene altrui.
3)Ovviamente no. Vediamo gli altri sempre e comunque per quello che sono PER NOI.
4) Questo non significa ridurli a semplici proiezioi di bisogni e desideri, ma vederli come enigmi, misteri che non potremo mai conoscere fino in fondo ma che vogliamo esplorare ed accettare.
5)Vedere al di là dei propri desideri è un traguardo che pochi raggiungono, ma tutti dovremmo provare almeno ad avvicinarci. Ha a che fare forse con quel famoso processo di individuazione, quella famosa crescita personale, ecc ecc.
In fondo basta iniziare dalle piccole cose. Proprio stamattina stavo parlando con qualcuno esattamente di questo: quanto poco costa dare, e quanto si riceve in cambio se solo si osa farlo.
Il "quanto" è per porre il distinguo, non per misurare al grammo, certo.
Sull'ultima cosa sto avendo molti dubbi e proprio ieri sera ci riflettevo.
Quando dare ci costa poco è facile. Ma quando ci costa di più? Forse è solo allora che quello che diamo acquista veramente valore.
Hai ragione. Ma io credo che dare sia anche un'abitudine, una forma mentis. Fare il bene, dare, è anche un'abitudine (in senso buono). Come diceva Aristotele? Per essere buono fai il bene. Abituati a farlo, abituati a dare, anche se non ci credi, entra in questo modo di vita, entra in un circolo virtuoso (non virtuALE!) ed esci da quello vizioso dove dare è difficile, dunque non si dà, non si riceve, e ci si inaridisce progressivamente...
Non ho soluzioni facili, ma secondo me l'atteggiamento è importante. Per arrivare a dare le cose che costano, che valgono, bisogna iniziare da quelle che non costano niente.
a parte la parolite perniciosa affligge oramai la nostra cara arte (con risultati che fanno molto riflettere chi scrive) trovo questo post molto profondo e pieno di domande alle quali non so se posso rispondere.
una cosa pero' e' certa. non si puo' sperare di ricevere se non si riesce a dare. ma dare non significa necessariamente ricevere (condizione necessaria ma non sufficiente). da qui il dolore, la sofferenza (ho dato, perche non ricevo?).
il punto pero' sta per me nel riuscire a spostarsi ad un livello piu' alto: dare per il solo piacere di farlo, per un arricchimento personale, per vivere appieno cio' che si e', cio' che si sente. non per ricevere indietro.
liberarsi dalla catena causa-effetto e muoversi su sfere piu' elevate.
e' difficile...terribilmente...ma si puo' provare a farlo.
e il mio ottimismo fa si che una piccola speranza ci sia sempre.
henry
Arte: probabilmente quello che dici è vero. Ma l'abitudine mi richiama l'abito, qualcosa che si indossa dall'esterno...e io vorrei dare e ricevere solo cose che provengano da dentro. Scusa, in questi giorni sono più rompic******* del solito. Me li rompo per me e di conseguenza li rompo a voi - finché leggete...
Henry: dici bene; "muoversi su sfere più elevate", tanto che discutendo proprio di questo sul blog di Francesco convenivamo che il dare senza ricevere non si riscontra tra gli umani...
Con questo non sono pessimista, e lo dico sul serio. Altrimenti non mi porrei certe domande, non mi metterei neanche sulla strada e neppure romperei le scatole a voi!:)
Recentemente mi sono letto un lungo articolo sull'intelligenza emotiva, e ne ho tratto alcune conclusioni proprio su quello che dici Lophelia. In buona sostanza, e per andare dritto al punto, un paragrafo dell'articolo diceva cje in ogni circostanza dobbiamo cercare la soluzione che da' un vantaggio reciproco. A quel punto l'interesse - chiamalo bene se vuoi - degli attori in gioco corrisponde, e il "tu" e l'"io" finiscono per coincidere in "noi". Questo in teoria. In pratica non sempre e' facile. Pero' ho l'impressione che non sia sempre sbagliato proiettare i nostri desideri e bisogni sugli altri, se con questo intendi dire che gli altri possono avere desideri e bisogni che sono il riflesso dei nostri. Scritte tutte queste cose mi rendo conto che non sono sicuro di avere capito il tuo post.
Fabio:
hai scritto cose molto simili alle conclusioni che stavo ipotizzando poco fa, mentre mi asciugavo i capelli e pensavo alle risposte lette e date.
Posto che riuscire a dare senza ricevere è secondo me umanamente irrealizzabile, quello che possiamo fare è cercare di far coincidere il bene nostro con quello degli altri.
C'è da dire altro, ora però devo andare a sperimentare un ristorante macrobiotico per cui finirò di risponderti appena posso...
Io credo che in fondo stiamo dicendo tutti la stessa cosa, e non lo dico per fare la paciona. Si tratta, come sempre, di definire i termini che usiamo.
Lophelia, io sapevo che la parola abitudine non ti sarebbe piaciuta. Prova a chiamarla in un altro modo, tentativo quotidiano, modo di essere, non so...
Non si tratta di dare senza ricevere, quello è frustrante per chiunque. Quello che si riceve è la gratificazione di vedere l'altra persona felice, o appagata, o soddisfatta...il vantaggio di riflesso c'è, anche se magari non è immediato.
"Far coincidere il bene nostro con quello degli altri"...qualcuno mi spiega come si fa, in pratica?
(ora la rompicoglioni sono io)
La parolite perniciosa mi ha fatto morire dal ridere...è un grandissimo complimento, lo dico per chi non conosce i retroscena.:D
il problema non mi pare sia solo nel soggetto che dà o riceve.
piuttosto invece nell'oggetto del nostro dare e ricevere.
nel senso che taluni, a me personalmente, ispirano una gran voglia di dare e altri no.
non so, è come nella musica, Mozart lo canteresti sempre, Leoncavallo o Mascagni solo se col coltello alla gola (e lasciamo perdere i soldi che quelli non se ne guadagna comunque).
dunque dare e ricevere ha a che fare con l'amore e con le varie forme che esso può assumere.
e, come molte altre cose, è una scelta.
per esempio io, sul tram, se vedo una sciura anche vecchia, con la pelliccia e gli orecchini d'oro non mi alzo dal sedile neanche a piangere, se vedo invece la vecchia badante eritrea col tatuaggio sulla fronte e il velo in testa, mi precipito a cederle il posto.
scusate, dopo tanta "parolite perniciosa" diffusa (perché prendersela solo con la povera Artemisia?) mi è sorto il desiderio di qualche immagine concreta.
peace&love :-)
La "povera Artemisia"??? Di povere donne ce ne sono anche troppe...
Continuando con le immagini concrete: e se vedi una sciura con gli orecchini di perla insieme a una bambina col violoncello sulle spalle che fai, scegli di essere buono o cattivo? (tanto per saperlo)
1) Dipende da cosa abbiamo di innato e dall'educazione che abbiamo ricevuto.
Concordo con Artemisai quando dice che deve essere o può essere (anche) un'abitudine.
Che può/deve essere insegnata...aggiungo io.
Banalmente...chi è stato abituato a lavarsi i denti fin da bambino poi prova disagio se nn lo fa.
Anche la "preparazioene" alla vita seguente dei buddhisti ne è un esempio.
2) Siamo sempre mossi verso gli altri dal nostro bisogno e dalla ricerca del nostro bene.
2b) Raramente siamo capaci di affiancare a questi la cura del bene altrui e quando accade è stupendo.
3) No
4) concordo con Artemisia.
5) Nn saprei, ma credo che anche quì dipenda molto da cosa c'è in noi di innato e dal come siamo stati educati.
G.
ps: Nel momento in cui si sceglie di dare si azzera il valore di quello che si dona, qualsiasi cosa sia.
Se una cosa ci "costa" è perchè nn siamo pronti a donarla.
Se e quando lo faremo, per noi, nn varrà più nulla.
Artemisia: cedo il posto alla bambina o al violoncello...
:-)
Gianfranco, tu concordi con me ma io non concordo con te!
È solo nel momento in cui si sceglie di separarsene per darla a qualcun altro che una cosa acquista valore. Se la teniamo per noi non ha nessun valore. E il valore più alto lo ha quando la condividiamo con altri (questo vale per tutto, ebbene sì anche in amore).
Francesco:mi toccherà travestirmi da badante.
@Artemisia: Io credo che fino a quando nn decidiamo/scegliamo di separarcene per donarla una cosa abbia per ognuno di noi cmq un valore.
Un valore per noi come individui.
Tempo, denaro, e forse anche amore.
Per me, ad esempio, il tempo ha un valore immenso e già da molti anni "spendo" tantissimo (e nn me ne sono mai pentito) per "acquistarlo"
Ci sono persone che amano talmente tanto se stesse da nn riuscire ad amare nessun'altro.
Questo può nn piacere ma è un dato di fatto.
Se accettiamo questo concetto allora ha un senso pensare che quando si decide/sceglie di donare quella cosa questa per noi nn abbia più valore...nn ci costi nulla separarcene, ma solo in quel momento nn prima. Riacquisterà valore (forse) per chi la riceverà. Per noi il valore nn sarà più in quello che doniamo ma soltanto nell'azione.
forse.., :-))
Scusate l'assenza - ho dovuto digerire il pasto macrobiotico;) e scusate se mi rivolgo a tutti insieme. Grazie di aver proseguito la discussione.
Anche se confesso che in quest'ultima querelle Artemisia-Gianfranco mi sono persa, e non credo di averla capita.
Comunque questo post non pretendeva né voleva dare risposte, ma principalmente porre domande.
Farsi queste domande, porsi il/i problemi per me è già di per sé provare a rispondere.
In questo senso non ho una ricetta precisa su come far coincidere il nostro bene con quello altrui: ma penso che già provare a immaginarlo non sia poco. Così come provare a mettere a fuoco la reale consistenza degli altri aldilà delle nostre esigenze.
Secondo me non abbiamo tutti detto la stessa cosa, ne abbiamo dette di molto diverse. Probabilmente ognuno di noi sceglie la sua strada per arrivare al bene, quella che funziona per lui, l'importante è arrivarci.
Se il linguaggio del post è parso astratto mi dispiace, posso dire però che a questi interrogativi sono arrivata partendo da situazioni contingenti assai concrete. E non parlo solo di amore, anche di amicizia e di relazioni parentali, tutti i casi cioè in cui i confini tra il bene proprio e quello altrui non sono mai scontati.
E' vero forse che "se una cosa ci costa vuol dire che non siamo pronti a donarla": ma non credo che il donare sia solo leggerezza. Credo in un'accezione buona di sforzo, di lavoro, che dà valore a quello che diamo. Una lavorazione che ne impreziosisce la qualità.
Fabio, io credo che il post tu l'abbia capito, ad ogni buon conto un esempio concreto sul discorso delle proiezioni lo faccio: quando ci piace una persona che abbiamo visto solo poche volte, e diciamo "Lo/la voglio", chi e cosa vogliamo realmente? Che film stiamo vedendo?
Il prossimo interrogativo sarà se da bambini preferivate i quaderni a righe o quelli a quadretti;-)
peace&love
@Gianfranco: mi sono persa anch'io...ma penso che all'origine dell'incompatibilità delle nostre visioni sia linguistica, come al solito, cioè la confusione dei temini "costo" e "valore".
Scusate ma io torno sempre lì, le parole sono importanti.
@Lophelia: vedi che siamo d'accordo, per donare consapevolmente (e solo allora il dono ha valore) ci vuole sforzo e lavoro.
@Tutti: quaderni a quadretti, sempre!
io ho una domanda polemica: perchè si fa così fatica ad ammettere che nel momento in cui diamo a qualcuno ci aspettiamo sempre qualcosa in cambio? e non è detto che sia sbagliato nè bieco.siamo umani, e credo sia naturale aspettarsi delle reazioni dagli altri..
il punto forse era quello di fabio,si tratta di essere abbastanza lucidi da tenerci vicini 'solo' quelle persone che sono in grado e vogliono darci qualcosa, mentre noi diamo a loro, altrimenti è un massacro emotivo..
mm e poi per rispondere all'ultima domanda del post, sono sempre più convinta che sono pochi coloro in grado di ascoltare davvero gli altri, quando ascoltare significa considerare i loro punti di vista e le conseguenze delle nostre azioni su di loro..
e ovviamente voto quaderni a quadretti anche io :P
Quadretti anch'io, ma che nervoso mi veniva nel dover mettere ogni numero in un quadretto.
:-)
Arte: mi fa piacere che siamo d'accordo su questo, all'inizio non l'avevo capito:)
Rachele: ciao, sono d'accordissimo con tutto quello che dici...
compresi i quadretti! però da piccola, poi da un certo punto ho avuto una conversione alle righe...
Gianfranco: ma la vera soddisfazione stava nello scriverci e disegnarci, sui quadretti:-)!
rispondo alla sofista di buono e giusto per me o per gli altri? chi decide cosa significa essere "buoni e giusti"?
io per me cerco di comportarmi bene, dove bene è mettere in pratica quello che mi hanno insegnato: principalmente avere rispetto delle persone, delle loro opinioni anche se sono diverse dalla mie, e ... mi viene in mente un detto non fare agli altri ciò che non vuoi venga fatto a te;
il mio aprirmi verso gli altri è mediato da un peccato originale: quanto ero piccola in qualche maniera mi è arrivato il concetto che se ero buona e brava mi avrebbero voluto tutti bene e dato che non mi riusciva particolarmente difficile esserlo (con il mio faccino angelico!!) ero poco ribelle, salvo rare eccezioni perchè sono pure molto ma molto testarda, e diciamo anche che il comportamento si è incistato vedendo che poi effettivamente un certo "tornaconto" c'era..
per concludere diciamo che un po' per indole un po' per educazione sono portata ad essere "buona" e "altruista", giusta non saprei
vedo gli altri attraverso i miei occhi e le mie esperienze e quindi forse non sono molto attendibile, ma da tanto tempo non mi creo più aspettative e non carico gli altri, nè figli, nè parenti, nè amici, nè tantomeno amanti e amati di attese.
Penso di essere abbastanza "empatica" per potermi mettere nei panni degli altri, riconoscimento che mi viene dato dalle tante amiche che corrono da me quando hanno bisogno di un aiuto e di un sostegno..
quaderni a quadretti non c'è alcun dubbio
rispondo alla sofista di buono e giusto per me o per gli altri? chi decide cosa significa essere "buoni e giusti"?
io per me cerco di comportarmi bene, dove bene è mettere in pratica quello che mi hanno insegnato: principalmente avere rispetto delle persone, delle loro opinioni anche se sono diverse dalla mie, e ... mi viene in mente un detto non fare agli altri ciò che non vuoi venga fatto a te;
il mio aprirmi verso gli altri è mediato da un peccato originale: quanto ero piccola in qualche maniera mi è arrivato il concetto che se ero buona e brava mi avrebbero voluto tutti bene e dato che non mi riusciva particolarmente difficile esserlo (con il mio faccino angelico!!) ero poco ribelle, salvo rare eccezioni perchè sono pure molto ma molto testarda, e diciamo anche che il comportamento si è incistato vedendo che poi effettivamente un certo "tornaconto" c'era..
per concludere diciamo che un po' per indole un po' per educazione sono portata ad essere "buona" e "altruista", giusta non saprei
vedo gli altri attraverso i miei occhi e le mie esperienze e quindi forse non sono molto attendibile, ma da tanto tempo non mi creo più aspettative e non carico gli altri, nè figli, nè parenti, nè amici, nè tantomeno amanti e amati di attese.
Penso di essere abbastanza "empatica" per potermi mettere nei panni degli altri, riconoscimento che mi viene dato dalle tante amiche che corrono da me quando hanno bisogno di un aiuto e di un sostegno..
quaderni a quadretti non c'è alcun dubbio
rispondo alla sofista di buono e giusto per me o per gli altri? chi decide cosa significa essere "buoni e giusti"?
io per me cerco di comportarmi bene, dove bene è mettere in pratica quello che mi hanno insegnato: principalmente avere rispetto delle persone, delle loro opinioni anche se sono diverse dalla mie, e ... mi viene in mente un detto non fare agli altri ciò che non vuoi venga fatto a te;
il mio aprirmi verso gli altri è mediato da un peccato originale: quanto ero piccola in qualche maniera mi è arrivato il concetto che se ero buona e brava mi avrebbero voluto tutti bene e dato che non mi riusciva particolarmente difficile esserlo (con il mio faccino angelico!!) ero poco ribelle, salvo rare eccezioni perchè sono pure molto ma molto testarda, e diciamo anche che il comportamento si è incistato vedendo che poi effettivamente un certo "tornaconto" c'era..
per concludere diciamo che un po' per indole un po' per educazione sono portata ad essere "buona" e "altruista", giusta non saprei
vedo gli altri attraverso i miei occhi e le mie esperienze e quindi forse non sono molto attendibile, ma da tanto tempo non mi creo più aspettative e non carico gli altri, nè figli, nè parenti, nè amici, nè tantomeno amanti e amati di attese.
Penso di essere abbastanza "empatica" per potermi mettere nei panni degli altri, riconoscimento che mi viene dato dalle tante amiche che corrono da me quando hanno bisogno di un aiuto e di un sostegno..
quaderni a quadretti non c'è alcun dubbio
rispondo alla sofista di buono e giusto per me o per gli altri? chi decide cosa significa essere "buoni e giusti"?
io per me cerco di comportarmi bene, dove bene è mettere in pratica quello che mi hanno insegnato: principalmente avere rispetto delle persone, delle loro opinioni anche se sono diverse dalla mie, e ... mi viene in mente un detto non fare agli altri ciò che non vuoi venga fatto a te;
il mio aprirmi verso gli altri è mediato da un peccato originale: quanto ero piccola in qualche maniera mi è arrivato il concetto che se ero buona e brava mi avrebbero voluto tutti bene e dato che non mi riusciva particolarmente difficile esserlo (con il mio faccino angelico!!) ero poco ribelle, salvo rare eccezioni perchè sono pure molto ma molto testarda, e diciamo anche che il comportamento si è incistato vedendo che poi effettivamente un certo "tornaconto" c'era..
per concludere diciamo che un po' per indole un po' per educazione sono portata ad essere "buona" e "altruista", giusta non saprei
vedo gli altri attraverso i miei occhi e le mie esperienze e quindi forse non sono molto attendibile, ma da tanto tempo non mi creo più aspettative e non carico gli altri, nè figli, nè parenti, nè amici, nè tantomeno amanti e amati di attese.
Penso di essere abbastanza "empatica" per potermi mettere nei panni degli altri, riconoscimento che mi viene dato dalle tante amiche che corrono da me quando hanno bisogno di un aiuto e di un sostegno..
quaderni a quadretti non c'è alcun dubbio
ripeto il concetto già espresso sul blog di arte.. io odiooooooooooooooo il nuovo bloggerrrrrrrrrrrrrrrrrrrr
Zefirina: repetita iuvant! grazie per le risposte. Ma per me non sono sofismi, sono assilli che nascono da casi reali, che non posso descrivere nei dettagli perché violerei la privacy di persone a me vicine.
Di buono e giusto per sé o per gli altri? è proprio quello il difficile.
Credo di aver letto questi tuoi piccoli dubbi quotidiani più e più volte; credo che sia stato sempre un gran macello capirsi; credo che sarei troppo di parte nel prendere una posizione; credo che serva una forma latente e moderata di puro cinismo... a riuscirci però... non è facile andare contro la propria natura.
paolino: troppo di parte ma di quale parte?
andare contro la propria natura, perché mai si dovrebbe, soprattutto per peggiorarla? basta, ora la smetto di fare domande, mi sembro un distributore automatico.
:-)
Le domande sono il sale della vita. :-)
Nel mio commento precedente, intendevo dire dalla parte di chi si è sempre occupato di far star bene molte delle persone che gli stanno intorno. Deve essere una forma di espiazione. ;-)
In più, talvolta, andare contro la propria natura di persona buona, non la vedo come una scelta del tutto sbagliata. Si potrebbero evitare in questo modo un sacco di sofferenze inutili...
mi sa tanto che sono, come al solito, uscito fuori tema... :-)
paolo: non sei affatto fuori tema!:)
capisco quello che dici...ma per come la vedo se uno è buono per natura e si sforza di essere meno buono questo lo farà comunque soffrire di per sé, e perdipiù farà soffrire anche gli altri.
Il punto credo sia non fare del male a se stessi per fare bene agli altri.
Nel realtà è facilissimo combinare guai per sé e per gli altri.
:-)
La seconda che hai detto.
via, un breve p.s.
il commento che ho postato poco fa è evidentemente provocatorio, però è uscito fuori incontrollato come a sottolineare che di fronte alla complessità non si può pretendere di ribattere con una semplificazione. però non volevo essere antipatico, me ne scuso e cerco di risponderti. Con una frase che ho letto proprio sul tuo blog: Ogni volta mi dimentico di dimenticarti. In questo (mio) momento ci vedo la precisa spiegazione del tuo piccolo dubbio, in cui interroghi la natura umana tra tutte le sue diverse pulsioni. Ognuna è riconducibile al nostro io, e da esso dipende in modo irrevocabile. che risponda a bisogni, proiezioni, desideri, ricordi, paure, questo non può cambiare il fatto che al centro delle nostre scelte, nel bene o nel male, sempre noi ci siamo. non credi?
ah ultima cosa, le tue foto sono bellissime..
Stefano: benvenuto. Non ti devi scusare per il primo commento, anzi!
primo perché l'ironia è sempre apprezzata, soprattutto quando compensa un'eccessiva serietà; secondo perché ponendo quelle domande non cercavo forse delle risposte, quanto una condivisione di dubbi.
Sono d'accordo su quello che dici sul ricondurre pulsioni etc. alla soggettività. E' che a volte i casini nascono proprio da quello, ma forse è semplicemente inevitabile.
Grazie per quello che dici sulle foto...ho da poco inaugurato un sito di fotografie ma non lo pubblicizzo sul blog per questioni di anonimato.
Se ti interessasse vederlo scrivimi a
lophelia@katamail.com e ti mando il link.
In ogni caso la tua visita mi ha fatto molto piacere.
Posta un commento
<< Home