11 novembre, 2009

La vita e nient'altro

Qualcosa di interessante a Firenze.
Un ciclo di incontri sulle forme del corpo in fotografia, a cura della Fondazione Studio Marangoni nel contesto della mostra di Mapplethorpe alla Galleria dell'Accademia. La foto qui sopra l'ho scattata durante "Umano troppo umano. Il corpo dell'immagine", incontro con lo storico e critico d'arte Elio Grazioli (la foto proiettata davanti al David è un Torso luminescente di Paolo Gioli).
L'incontro di lunedì scorso invece è stato con una fotografa che non conoscevo, Elinor Carucci. Un incontro folgorante. Elinor ha iniziato fotografando sua madre, e ha continuato a fotografare la sua famiglia di origine e poi suo marito e i suoi figli, e se stessa. In ogni situazione. Il genere diaristico fa venire in mente Nan Goldin (da cui la stessa Elinor ammette di essere stata agli inizi influenzata), ma - oltre al contesto sociale - il risultato è molto diverso. Il linguaggio fotografico di Nan riflette l'emotività delle situazioni: è "sporco", mosso, sgranato. Le foto di Elinor sono sempre tecnicamente impeccabili, pulite.
Guardate qui. Guardate i Personal Works, in particolare Closer, o Crysis, o Recent.
Non sembrano scattate in luce ambiente ma in un set accuratamente illuminato. Eppure anche queste sono fotografie di situazioni ad altissima temperatura emozionale. Mi piacciono moltissimo. Ma mi chiedo come sia possibile dissociare in questo modo lo sguardo dall'esperienza, nel momento stesso in cui la vivi.

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11 Comments:

Blogger giardigno65 said...

bellissime !

4:46 PM, novembre 12, 2009  
Blogger lophelia said...

vero?

10:19 AM, novembre 13, 2009  
Anonymous Anonimo said...

Mmmh...troppa intimità svelata. C'è un ostentazione che mi dà un impressione di amorfo.

12:22 PM, novembre 14, 2009  
Blogger lophelia said...

"amorfo"? provo a capire: non ti arriva il sentimento? amorfo in senso emotivo?

7:41 PM, novembre 14, 2009  
Anonymous Anonimo said...

Intendiamoci, alcuni scatti sono interessanti, ma l'insieme dello scotrrere delle immagini mi lascia un senso (sentimento) di generale contiguità in cui si perde la forma in luogo una ostentata interscambiabilità dei soggetti.
Il fatto che questa serie di fotografie siano il ritratto di una famiglia (stiamo parlando delle foto di Elinor Carucci, era chiaro no?) accentua notevolmente questa sensazione.
Nell'interscambiabilità dei soggetti, ogni sentimento o emotività, annega nella mimesi.
Magari questa è l'intenzione dell'autrice.
Tu stessa ti domandi come sia possibile dissociare lo sguardo dall'esperienza nel momento in cui la si vive; ecco questa dissociazione mi sembra parcellizzare le immagini in frammenti indifferenziati che generano, guardacaso, un caduta dell'emotività.
Spero di essere stato chiaro.

8:43 PM, novembre 14, 2009  
Anonymous artemisia said...

L'unica emozione che ho provato io guardandole è stato un leggero fastidio. Quello che dice Mauro potrebbe essere una spiegazione a questo: quell'intimità svelata che spersonalizza nella sua presunta personalizzazione. Neanche una traccia di "altissima temperatura emozionale" per me.
Interessante.

:)

10:03 AM, novembre 15, 2009  
Blogger lophelia said...

L'analisi di Mauro è chiarissima. E anche condivisibile. Personalmente, come ho già detto, le foto in questione mi affascinano nonostante tutto. Mi infastidiscono anche, alcune, è vero. Tutto questo insieme.
L'elevata temperatura emotiva però - e in questo senso pure Arte ha ragione - la vedo perché "la so", avendo ascoltato la fotografa raccontare le situazioni che hanno originato gli scatti. Senza "saperla", resta chiusa in quella contraddizione di cui parlavo nel post.
Come sguardo è senz'altro "più umano" quello di Nan Goldin, anche se per i miei gusti usa troppo il flash (peraltro pare che anche lei fosse stata invitata all'Accademia, ma non ha raccolto).

8:47 PM, novembre 15, 2009  
Blogger Claudia said...

certo che in casa di quella fotografa nessuno può dormire tranquillo!
alcune foto mi sono piaciute molto, tipo quella dell'anziano nella doccia o un abbraccio in cui il personaggio maschile sembra dissolversi nel gesto.
tutte sono veramente tante, però è perchè abbiamo visto il suo sito non una mostra o una singola immagine, direi.

8:36 PM, novembre 18, 2009  
Blogger lophelia said...

claudia: infatti, a me non piacerebbe affatto essere sua parente...né io avrei mai potuto fare qualcosa di simile con i miei!

pensa che quello sotto la doccia è il nonno, di cui ha raccontato che fu proprio lui a voler essere fotografato così.
Certo che sono tante, e chissà quante altre ne avrà fatte per arrivare a questa scelta. Da capogiro. Vien da chiedersi se nel frattempo abbia vissuto, anche se le foto stesse dovrebbero provarlo.

9:40 PM, novembre 18, 2009  
Anonymous Rob said...

Nan Goldin usa tanto il flash? Sai che non me n'ero accorto? (che dà un gran fastidio pure a me...)

Io direi che la "caduta emotiva" è piuttosto qualcosa che assomiglia al passaggio dalla "scoperta" di una persona alla sua quotidianità (qui c'abbiamo qualche anno tutti quanti, quindi non metterò oltre il dito nella piaga). Voglio dire che non ci trovo tout court una caduta di tensione, quanto una conversione ad una dimensione più continua - cioè, che non è più l'attimo fuggente e speciale che mi interessa ma lo srotolarsi della vita.

E' vero che qualche foto infastidisce anche me, ed in questo genere preferisco la minore pulizia formale che c'è nelle foto di NG. Che è tutto sommato una forma di reticenza verso la presentazione di un'intimità che si capisce mettere un po' in difficoltà sia il soggetto che il fotografo.

L'idea, comunque, mi affascina particolarmente, se non altro perché di usare la macchina in modo così pervasivo non sono proprio capace.

11:32 PM, novembre 20, 2009  
Blogger lophelia said...

Rob: diciamo che forse a me il flash ripugna così tanto che anche quel poco mi sembra troppo:) - in effetti ho riguardato le pagine di google immagini su di lei e non è poi così frequente...
La tua teoria sulla minore temperatura emotiva vista come una dimensione più quotidiana è molto persuasiva. In Nan Goldin la traduzione visiva di una ricerca continua di emozioni adrenaliniche, in Elinor Carucci una grammatica più pacata, più consuetudinaria. Mi convince, resta solo un filo di sospetto su un'eccesso di studio del "come" mostrarsi.

E non fare troppo il modesto, il tuo occhio fotografico mi piace molto, quando ho scoperto il tuo blog me lo son letta tutto proprio perché ci vedevo questo interesse a rendere il vissuto, l'intimità e il quotidiano in un linguaggio visivo più emotivo che razionale.


vorrei ringraziare tutti per la qualità dei commenti, che dire, mi state viziando:-)

5:51 PM, novembre 21, 2009  

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