Adagio
Anni fa lavoravo per un anziano professore universitario gravemente malato. Era nipote di un politico e scrittore antifascista, e da quando aveva smesso di insegnare riversava tutto il suo tempo e le sue energie nel divulgare il pensiero e le opere di suo zio. Io, a turno con altre due persone fidate, lo aiutavo a tenere i contatti con le case editrici, i giornalisti, gli studiosi e amici che condividevano il suo impegno: scrivevamo lettere, spedivamo fax, organizzavamo riunioni.
Girando per casa sua restavo affascinata dai libri, dagli antichi album di fotografie di famiglia. Di fotografie poi ne aveva altre alla rinfusa in uno scatolone, e sapendo della mia passione chiese a me di riordinarle per soggetti e cronologia.
Fu un'emozione grande: in quella scatola c'era la Storia. I fratelli Rosselli sul motoscafo in fuga da Lipari, solo per fare un esempio.
Viveva solo. La sua governante e un'infermiera si davano il cambio nell'assisterlo e preparargli i pasti. Quando iniziai a lavorare per lui ancora camminava un po', anche se passava la maggior parte del tempo in sedia a rotelle. Poi dovette mettersi a letto, la malattia progrediva e gradualmente perse quasi del tutto la vista. Eppure era instancabile: continuava a pensare, a dettare lettere, a sforzarsi di tenere le fila di discorsi che gli sfuggivano ogni giorno un po' di più. La passione lo ha tenuto in vita sicuramente più a lungo di quanto aveva deciso il suo corpo.
Non riusciva più ad usare il lettore CD con le cuffie, gli comprai due altoparlanti che lo resero felice. Ascoltava soprattutto Bach, unica cura, unici momenti di pace sua e di quella stanza con gli arredi antichi, il televisore, le medicine, le pantofole consumate. La musica stendeva dolcezza su tutto, così come la carezza della luce.
Girando per casa sua restavo affascinata dai libri, dagli antichi album di fotografie di famiglia. Di fotografie poi ne aveva altre alla rinfusa in uno scatolone, e sapendo della mia passione chiese a me di riordinarle per soggetti e cronologia.
Fu un'emozione grande: in quella scatola c'era la Storia. I fratelli Rosselli sul motoscafo in fuga da Lipari, solo per fare un esempio.
Viveva solo. La sua governante e un'infermiera si davano il cambio nell'assisterlo e preparargli i pasti. Quando iniziai a lavorare per lui ancora camminava un po', anche se passava la maggior parte del tempo in sedia a rotelle. Poi dovette mettersi a letto, la malattia progrediva e gradualmente perse quasi del tutto la vista. Eppure era instancabile: continuava a pensare, a dettare lettere, a sforzarsi di tenere le fila di discorsi che gli sfuggivano ogni giorno un po' di più. La passione lo ha tenuto in vita sicuramente più a lungo di quanto aveva deciso il suo corpo.
Non riusciva più ad usare il lettore CD con le cuffie, gli comprai due altoparlanti che lo resero felice. Ascoltava soprattutto Bach, unica cura, unici momenti di pace sua e di quella stanza con gli arredi antichi, il televisore, le medicine, le pantofole consumate. La musica stendeva dolcezza su tutto, così come la carezza della luce.
Etichette: cure, lezioni di vita
13 Comments:
Questo post è bellissimo, e le foto sono tra le più belle che tu abbia mai scattato.
Certo che ascoltava Bach, anch'io continuerò a farlo sempre.
Bellissime foto, che rendono ulteriormente il senso di questa tua esperienza di "avvicinamento".
leggevo le tue righe e pensavo a tante cose che mi son tornate in mente perchè sempre i ricordi si legano a qualcosa ; è una grande ricchezza quella che certe persone ci donano senza saperlo e lo è tanto più quanto più rare sono queste perle.bellissimo post e foto che fanno entrare in punta dei piedi in una storia vissuta
@tutti: era tanto che volevo scriverlo, ma non era semplice. Una di quelle cose che non solo non vuoi perdere, ma ti senti di dover condividere.
Grazie per i commenti "in punta di piedi".
Talvolta il pensiero è più forte del corpo, e forse è proprio per questo che rimaniamo colpiti davanti alla grande lotta che queste due entità intraprendono l'una contro l'altra, a un certo punto della vita.
Io ne resto sempre affascinato.
Grazie per queste parole, anch'esse rimarranno.
Un bacio
Ady
ady, grazie a te. Diciamo che sui tempi brevi vince la materia con il suo decadimento inevitabile, ma le idee perdurano nel tempo.
Questo post è bellissimo e mi ha ricordato un racconto che ho scritto, uno dei pochi pubblicati, sulla morte del mio analista.
C'è un'aria comune, ho riconosciuto alcuni miei sentimenti e certi oggetti. Le cose astratte e concrete che stanno attorno ai grandi vecchi.
zaub: mi fai felice, si scrive soprattutto per questo: per parlare di quello che, partendo dall'io, ci accomuna agli altri.
Mi associo all'elogio dei tuoi lettori Iophelia, la storia che hai raccontato è personale, ma ha qualcosa di universale. L'incontro tra l'anziano e la giovane, tra lo spirito e la materia. La vittoria sulla morte della creatività e delle idee.
Leggendo il tuo post, mi sono ricordato del rapporto che ho avuto col mio nonno materno. Mi ha insegnato più lui, di tanti anni di scuola.
L'essere umano così misero, a volte ha la capacità di esprimere qualcosa che va al di là dell'umano, solo umano.
Bye bye
Foto bellissime, Lo.
Senza fronzoli, pure e semplici emozioni.
ringrazio anche Piepalmi e Rob per il feedback, e vorrei aggiungere un'ultima cosa: quanto quest'uomo, nella solitudine della sua vita privata, fosse molto più vitale e motivato alla vita di tante persone accasate-con-figli che ho conosciuto.
("vitale e motivato alla vita", volevo sicura che fosse chiaro il concetto...)
quei sacchetti! sono la prima cosa che mi è balzata all'occhio. In un ambienta così familiare e incentrato sulle passioni quei drenaggi mi ferivano.
Avendone avuto consuetudine immagino anche il loro odore, la loro consistenza.
Ma poi, riguardandola, ho notato la tendina. Quei ricami, quei trafori che accarezzano e ammorbidiscono anche un'esperienza di dolore.
Grazie per averci raccontato quante sfaccettature può avere la vita!
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