De qui s'agit-il?
Qualche mese fa, quando ho iniziato questo lavoro fotografico sugli stranieri da cui sono tratte le foto qui sopra, le uniche immagini ampiamente diffuse dei migranti erano quelle degli articoli di cronaca sui quotidiani: foto segnaletiche in cui chiunque di noi apparirebbe già colpevole prima di qualsiasi grado di giudizio.
L'immagine mediatica del migrante era una sorta di certificato di illegalità a priori. Salvo incappare in clamorosi autogol, come quello dei due rumeni accusati da tutti, certa stampa in primis, dello stupro della Caffarella e poi liberati all'arresto dei veri colpevoli: improvvisamente uno di quei quotidiani pre-giudicanti si accorgeva che K.R, ora scagionato, appariva "già così diverso dalle foto circolate in queste settimane"; e in piena crisi schizofrenica scrisse con sdegno che "non bastavano i pregiudizi sui romeni: K.R. ha pagato dazio anche alla fisiognomica per quella sua faccia da pugile".
Quelle parole, ci si preoccupava tra amici interessati al problema, rendevano quanto mai urgente guardare e soprattutto mostrare da vicino i volti reali dei migranti.
Poi un giorno, salendo in autobus, ho alzato gli occhi e ho visto una sfilza di volti di tutte le nazionalità, tutti con la stessa espressione, tutti carini, allegri e sorridenti. La costruzione sociale in positivo dell'identità dello straniero premeva a qualcun altro. Più che la Lega, poté il mercato.
L'immagine mediatica del migrante era una sorta di certificato di illegalità a priori. Salvo incappare in clamorosi autogol, come quello dei due rumeni accusati da tutti, certa stampa in primis, dello stupro della Caffarella e poi liberati all'arresto dei veri colpevoli: improvvisamente uno di quei quotidiani pre-giudicanti si accorgeva che K.R, ora scagionato, appariva "già così diverso dalle foto circolate in queste settimane"; e in piena crisi schizofrenica scrisse con sdegno che "non bastavano i pregiudizi sui romeni: K.R. ha pagato dazio anche alla fisiognomica per quella sua faccia da pugile".
Quelle parole, ci si preoccupava tra amici interessati al problema, rendevano quanto mai urgente guardare e soprattutto mostrare da vicino i volti reali dei migranti.
Poi un giorno, salendo in autobus, ho alzato gli occhi e ho visto una sfilza di volti di tutte le nazionalità, tutti con la stessa espressione, tutti carini, allegri e sorridenti. La costruzione sociale in positivo dell'identità dello straniero premeva a qualcun altro. Più che la Lega, poté il mercato.
Etichette: fotografia, il volto, stereotipi