30 novembre, 2006

Angusti confini


Sono insofferente per la ristrettezza dei miei orizzonti geografici quotidiani. Questa immagine li rispecchia. E' un paesaggio che anche voi potreste conoscere, almeno chi di voi vive in Italia. E ogni tanto va in pizzeria o al ristorante.

26 novembre, 2006

Infinito presente


"Pensai anche - o meglio questo pensiero s'impresse come un marchio a fuoco nella mia immaginazione - che l'amore non erano lunghi fidanzamenti in vista di una vita in comune e stabili matrimoni, ma quella cerimonia di cui avevo avuto una fugace visione, il gioco senza domani della seduzione."

Elisabetta Rasy, "Posillipo"

Mercato delle Pulci


Al Mercato delle Pulci in una scatola di vecchie fotografie ho trovato questa. Non riesco a staccarne gli occhi. Mi sembra impossibile che una bambina possa avere questo sguardo.

21 novembre, 2006

Non se ne fanno più di registi così



Robert Altman ci ha lasciati. Grande lutto. Siamo tutti più poveri. Va bene, “Pret-a-porter” non era un gran film, ma tutto il resto? Fino all’età di 81 anni, fino all’ultimo “Radio America” si è mantenuto intelligente e originale.
Di tutti i suoi film ne ho a cuore uno in particolare, poco conosciuto: “Images”, dei primi anni ’70. Lo vidi la prima volta a 16 anni, non ci capii granché ma fu comunque una folgorazione. Da allora l’ho rivisto almeno una dozzina di volte e ancora ogni volta ci scopro dentro cose nuove.
Kathryn (Susannah York) se ne sta sola e tranquilla nella sua bella casa a scrivere una fiaba intitolata “Alla ricerca dell’unicorno”. Squilla il telefono, è un’amica che inizia a raccontarle qualcosa di frivolo ma poi la linea si interrompe e ora è una voce di donna, seria, strana ma familiare, che le insinua sospetti su dove sia suo marito in quel momento. Inorridita lei stacca il telefono, aspetta che torni il marito e gli fa una scenata, poi fanno pace e decidono che lei ha bisogno di riposo e partono per la casa di campagna. Lungo la strada si fermano su un’altura e mentre il marito si allontana un attimo K. osserva se stessa arrivare alla casa ed entrarvi...e lì si capisce che ha veramente bisogno di riposo! Ma la casa si rivela presto popolata di certi fantasmi, uomini che le offrono bottiglie di Valpolicella o che all’improvviso la attirano in una stanza che diventa la suite di un albergo parigino. Sono amanti del passato con cui K. ha tradito il marito, che si confondono col marito stesso, e noi stessi con lei non sappiamo chi sia davvero reale e chi un’allucinazione, e chi rimane vivo e chi no in quello che diventa presto una sorta di gioco ad eliminazione in cui K. cerca disperatamente di “ritrovare la propria anima” e di difendersi da una se stessa sempre più pericolosa. Un sottofondo di suoni disarmonici (percussioni di Stomu Yamash'ta) accompagna questa progressiva frammentazione dell’Io, e il confine tra percezione reale e allucinazione è segnato dalla presenza di una macchina fotografica a banco ottico, e da un continuo rimando di lenti, vetri e specchi (che riportano anche al tema del Doppio).
Alla fine una scena nella doccia rivisita "Psycho" in modo ancora più psicoanalitico. Susannah York è bravissima, smarrita e sensuale, mai sopra le righe.
Io ne ho una vecchia registrazione in VHS, ma è circolato anche in DVD. Se potete, cercàtelo e vedetelo. Poi magari ne riparleremo, e ognuno ne darà un'interpretazione diversa.

19 novembre, 2006

Analisi o sintesi?






La scarsa resistenza all’alcool già documentata su queste pagine può garantire che non sono un'ubriacona. Mi sono però resa conto che da quando ho la digitale fotografo soprattutto di sera quando esco, tanto che sto meditando di fare una mostra di questo genere di foto. Sarebbe la mia prima mostra non di ritratti. Qualcosa forse è cambiato rispetto a com'ero tempo fa. Più che di stare ad analizzare le persone ora ho voglia di galleggiare in sensazioni, luci, colori.

15 novembre, 2006

Nessun dolore


E a proposito di combattimenti.
Mi piacerebbe sapere se in battaglia riuscite a proteggervi senza corazzarvi. Ad attutire i colpi rimanendo però sensibili alle carezze. A non vacillare pur senza farvi di pietra.
A dire “nessun dolore” senza che neanche la più piccola parte di voi venga rinnegata. A non sentire male pur mantenendo intatta la capacità di sentire.
Se ci riuscite ditemi come fate, vorrei proprio imparare a sentire meno male. Ma se sentire meno male significa per forza sentire meno di tutto o togliere profondità alle esperienze non mi ci provo nemmeno: non so rinunciare a nulla.

13 novembre, 2006

Gli angoli della bocca


L'estate dello scorso anno a Palermo, uscendo dalla Cattedrale ho visto questa donna appoggiata al muro vicino al portone d'ingresso. Non chiedeva l'elemosina, semplicemente stava lì appoggiata. Sperando di non infastidirla le ho chiesto se potevo fotografarla e lei ha acconsentito.
Non so a voi, a me piacerebbe invecchiare con uno sguardo simile, acuto e sornione come quello di un gattaccio sopravvissuto a tante battaglie. E gli angoli della bocca sembrano dirti che ha combattuto con gusto.

09 novembre, 2006

Domani è un altro giorno

massì, proviamo anche con la lampada ionizzante antistress di sale dell'Himalaya. Non si sa mai...

05 novembre, 2006

Stranamore (e sì che Vecchioni mi sta sul culo)









Hai visto che incredibile laboratorio alchemico è l’uomo?
Concerto di canti anarchici e di resistenza al centro popolare autogestito. Stanzone fumoso, gente, musica che scalda i cuori. Beviamo vodka. Tu ti fai sempre più vicino, dopo tanto mandi di nuovo vibrazioni di calore, di vicinanza, i confini si confondono, occhi negli occhi parliamo di nulla, mi racconti una barzelletta che mi hai già raccontato e io che odio le barzellette mi diverto e rido, mi prendi una mano e sento una fitta giù in basso, emozioni si muovono nel petto e nella pancia, o partigiano portami via, nostra patria è il mondo intero nostra legge la libertà, se il vento fischiava ora fischia più forte.
Ma poi di nuovo sbarri netti i confini, maledetto istinto di conservazione, e questo vuoto che ora sento dove prima c’era calore lo devo riempire, devo rialzare la temperatura interna e l'unico modo è il terzo bicchiere di vodka. Il corpo però la sa lunga, non abbocca all'inganno e appena saliti in macchina lo stomaco si ribella e vomita fuori tutto. Nulla si crea e nulla si distrugge. In quella pozza c'è il contenuto della serata. Forse non lo sai ma pure questo è amore.

(Ti sei messo alla guida della mia auto e mi hai portata a dormire a casa tua. Mi hai tolto i vestiti e messa nel tuo letto, e mi hai chiesto a che ora dovevi regolarmi la sveglia - l'ultima cosa che ricordo. La mattina presto mi sono svegliata, nel sonno ti eri scoperto e la pancia ti era rimasta nuda, ti ho coperto con il piumone prima di scappare al lavoro. Il ritornello della canzone mi è entrato in testa dopo vent'anni di oblìo, e non se ne vuole andare).

01 novembre, 2006

Sensibilmente

Immaginate per un attimo di essere privi della vista. Le vostre dita sfiorano una frusciante carta velina, per poi incontrare poco sopra due batuffoli di cotone in mezzo ad una superficie più liscia. E’ un paesaggio, vi dicono. Voi cosa “vedete”?


In questi giorni a Firenze ha inaugurato il Museo Nazionale Alinari di Storia della Fotografia. Raccoglie e mostra fotografie dalle origini ad oggi, più un inedito esperimento: un percorso tattile di fotografie “tradotte” per non vedenti. Proprio poco tempo fa da Claudia avevamo parlato di percorsi tattili, e del fatto che in un mondo tattile le fotografie sarebbero tagliate fuori. Quello che ho visto e sentito in questo percorso non mi ha certo convinta del contrario.

Al progetto hanno collaborato la Stamperia Braille e l’Istituto Ciechi, e l’ideazione delle singole opere è stata curata dagli stessi non vedenti.
Naturalmente non esiste un codice Braille per le immagini. Ciascuna di queste traduzioni è quindi un’interpretazione arbitraria che intende “far vedere” la foto a tutti i non vedenti, ognuno dei quali l’avrebbe probabilmente tradotta a modo proprio.
Il ritratto di un uomo con barba diventa un bassorilievo con una barba di stoppa, e fin qui poco da dire.
Ma le forme dei faraglioni di un paesaggio marino sono state riprodotte con corteccia di albero, e il mare con una lastra metallica. E allora, mi viene da pensare, perché non pietre immerse nell’acqua? Se io non vedo e le mie dita sentono corteccia d'albero perché non dovrei pensare ad un albero?
La carta velina del paesaggio, lo spiega la didascalia anche in braille, sta per un giallo campo di grano e il fruscio prodotto dalle dita che la sfiorano allude al rumore del vento e al frinire delle cicale. Poetico, forse, ma perché privilegiare il canale uditivo tralasciando il tatto, che dalla carta liscia non deduce certo informazioni sul grano? La didascalia diventa indispensabile per guidare l'immaginazione.

La fotografia è sempre un’interpretazione di quello che si vede. Ha senso interpretare soggettivamente un’interpretazione? Sì, no, forse. Ma in questo caso diventa un’altra opera di un altro interprete, e allora avrei voluto leggerci sotto il nome dell’autore.
E poi un’altra cosa. Queste opere sono state colorate secondo i colori dell’originale. E qui mi si confonde ulteriormente il senso dell’operazione: decidiamoci, sono pensate per i ciechi o sono qualcos’altro?

Andrò a leggermi il catalogo, forse ci troverò il vero senso. Ma preferirei verificarlo nelle impressioni dal vivo di un visitatore cieco.