29 novembre, 2009

De qui s'agit-il?



Qualche mese fa, quando ho iniziato questo lavoro fotografico sugli stranieri da cui sono tratte le foto qui sopra, le uniche immagini ampiamente diffuse dei migranti erano quelle degli articoli di cronaca sui quotidiani: foto segnaletiche in cui chiunque di noi apparirebbe già colpevole prima di qualsiasi grado di giudizio.
L'immagine mediatica del migrante era una sorta di certificato di illegalità a priori. Salvo incappare in clamorosi autogol, come quello dei due rumeni accusati da tutti, certa stampa in primis, dello stupro della Caffarella e poi liberati all'arresto dei veri colpevoli: improvvisamente uno di quei quotidiani pre-giudicanti si accorgeva che K.R, ora scagionato, appariva "già così diverso dalle foto circolate in queste settimane"; e in piena crisi schizofrenica scrisse con sdegno che "non bastavano i pregiudizi sui romeni: K.R. ha pagato dazio anche alla fisiognomica per quella sua faccia da pugile".
Quelle parole, ci si preoccupava tra amici interessati al problema, rendevano quanto mai urgente guardare e soprattutto mostrare da vicino i volti reali dei migranti.
Poi un giorno, salendo in autobus, ho alzato gli occhi e ho visto una sfilza di volti di tutte le nazionalità, tutti con la stessa espressione, tutti carini, allegri e sorridenti. La costruzione sociale in positivo dell'identità dello straniero premeva a qualcun altro. Più che la Lega, poté  il mercato

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24 novembre, 2009

La mancanza


"Non riuscivo a staccarmi dal David di Michelangelo, stupita fino al dolore che fosse un uomo e non una donna ad aver espresso in modo sublime la bellezza del corpo maschile. Anche se questo si spiegava con la condizione di sottomissione delle donne, mi sembrava che qualcosa si fosse perduto per sempre." (Annie Ernaux, "Passione Semplice")
Sono i pensieri di una scrittrice francese in viaggio in Italia, ma con la mente fissa alla sua ossessione amorosa. Nelle statue cerca e rivede le forme di A., l'oggetto del suo desiderio: e prova sgomento di fronte a questo silenzio della storia.
Oggi le donne avrebbero tutti gli strumenti per dare voce al loro immaginario desiderante, invece di lasciarselo plasmare da quello maschile - tema ultimamente discusso anche qui. Ma quante sono quelle che esprimono davvero il loro sguardo desiderante, dal campo dell'arte a quello della fotografia amatoriale? (chi segue dall'inizio questo blog sa che "uomini visti dalle donne" qui è un tema fotografico presente sin da tempi non sospetti)
E se non sono molte, dipende forse dal fatto che la donna è troppo abituata a farsi guardare per concedersi di guardare?
"Continuerai a farti scegliere, o finalmente sceglierai"?

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17 novembre, 2009

Balocchi

I profumi sono delle etichette infallibili che richiamano alla mente periodi precisi della vita. Tra i miei storici ci sono gli adolescenziali Magie Noire e Anais-Anais, poi il caldo Samsara e il fresco Chanel n.19, e recentemente il maschile di XS di Paco Rabanne, un paio di Hermès e il magico Infusion d'Iris.
Poi ci sono i classici intramontabili come quello della foto, che non passano mai di moda, che li riscopri dopo anni e ti piacciono allo stesso modo, quelli di cui il profumo non ti basta e facendo finta di potertelo permettere ti compri anche il gel da bagno e la crema per il corpo - e meno male che il talco non c'è, e ora non venitemi a dire che c'è per favore, ditemi invece se avete voglia quali sono i vostri preferiti.

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11 novembre, 2009

La vita e nient'altro

Qualcosa di interessante a Firenze.
Un ciclo di incontri sulle forme del corpo in fotografia, a cura della Fondazione Studio Marangoni nel contesto della mostra di Mapplethorpe alla Galleria dell'Accademia. La foto qui sopra l'ho scattata durante "Umano troppo umano. Il corpo dell'immagine", incontro con lo storico e critico d'arte Elio Grazioli (la foto proiettata davanti al David è un Torso luminescente di Paolo Gioli).
L'incontro di lunedì scorso invece è stato con una fotografa che non conoscevo, Elinor Carucci. Un incontro folgorante. Elinor ha iniziato fotografando sua madre, e ha continuato a fotografare la sua famiglia di origine e poi suo marito e i suoi figli, e se stessa. In ogni situazione. Il genere diaristico fa venire in mente Nan Goldin (da cui la stessa Elinor ammette di essere stata agli inizi influenzata), ma - oltre al contesto sociale - il risultato è molto diverso. Il linguaggio fotografico di Nan riflette l'emotività delle situazioni: è "sporco", mosso, sgranato. Le foto di Elinor sono sempre tecnicamente impeccabili, pulite.
Guardate qui. Guardate i Personal Works, in particolare Closer, o Crysis, o Recent.
Non sembrano scattate in luce ambiente ma in un set accuratamente illuminato. Eppure anche queste sono fotografie di situazioni ad altissima temperatura emozionale. Mi piacciono moltissimo. Ma mi chiedo come sia possibile dissociare in questo modo lo sguardo dall'esperienza, nel momento stesso in cui la vivi.

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06 novembre, 2009

La donna la donna la donna






Buon finesettimana a tutti.

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03 novembre, 2009

Bassa velocità

Ne ho pensate tante in questi giorni, avrei voluto parlarvi di come nelle ultime vicende "politiche" la cosa più oscena mi è parsa l'uso dei primi piani che vien fatto sui giornali, lo sbattere tutti i giorni in prima pagina quella faccia da animale in trappola, inguardabile molto più del peggior fotogramma a luci rosse perché non c'è nulla di più intimo di un volto senza maschera, che mostra tutta la sua vulnerabilità.
Avrei voluto parlarvi di come nella mia città succedono anche cose buone, nella fattispecie nascono caffetterie-librerie , "caffè letterari" nel linguaggio degli atti amministrativi, definizione un po' prematura ma di buon auspicio, intanto paradisi rispetto agli onnipresenti locali da aperitivo, ci si può andare all'ora non dell'aperitivo e spesso fanno buone cose da mangiare tipo un'ottima torta di mele in crosta, e bevendo e mangiando si possono sfogliare con calma e stando attenti alle macchie libri d'arte bellissimi e costosissimi (ma non importa comprarli), e anche vedere proiezioni di immagini d'artista.

E con la barista-libraia parlare di arte contemporanea e delle politiche culturali a Firenze, altra cosa di cui avrei voluto parlarvi, in particolare del miracolo che starebbe per succedere per cui a Firenze qualcuno si occuperebbe davvero di portarvi il contemporaneo ma ancora non si sa se il qualcuno resta al suo posto perché ha chiacchierato un po' troppo disinvoltamente su certi temi che, come dire, la situazione già è calda, e il diplomatico non è il suo forte.
Avrei voluto dirvi della mia amica che parlando del suo compagno di una vita mi diceva che le ormai rare volte che loro figlio -ancora bambino ma già adulto- li vede abbracciarsi diventa felice, e io ho pensato che questa cosa la conosco troppo bene, che fino a una certa età se i genitori litigano o non si parlano ti sembra sempre che sia colpa tua, e ci metterai un bel po' a capire che che non era colpa tua, e un altro bel po' a perdonarli di non esser riusciti a far di meglio per volersi bene, levandoti tutto quel peso dal cuore.
Avrei voluto anche raccontarvi che oggi in autobus ci ho messo un'ora intera a tornare a casa su un tragitto che a piedi l'avrei fatto nello stesso tempo, solo che a farlo a piedi pioveva, e lì almeno facevo foto dal finestrino alle luci bagnate fuori e sentivo la gente che si indignava per il servizio pubblico e ad un certo punto alcune persone hanno scoperto per caso che avevano preso il bus nella direzione sbagliata, non per colpa loro ma di questa storia della pedonalizzazione del Duomo, perché adesso da certe fermate passa il bus 23 che va a Firenze Sud ma anche quello che va a Firenze Nord, e sbagliarsi non è tanto difficile se non si ha la vista più che buona.
E sono le due di notte, e sulla ferrovia a duecento metri dalla mia finestra scavano il tunnel dell'alta velocità. Nord, Sud, Destra, Sinistra. C'è ancora qualcuno che crede di star andando in qualche direzione.

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