Mentre tornavo dal mare l'altro giorno mi arriva un SMS: "sfoglio una rivista e trovo la foto di un vecchio con triplo mento e cappello nero: Neil Young. Però sembra felice". A scrivermi è una delle mie Amiche Storiche, ex-compagna di banco e come me storica adepta del culto Youngiano. Mi viene da ridere, ripenso a quando chiamavamo Neil Young "il Motore Immobile"...
Tutto cominciò in quinta ginnasio, con Southern man nella versione live di Four Way Street insieme a Crosby Stills e Nash, registrata dalla radio su una vecchia cassetta e da lì ascoltata e riascoltata all’inverosimile. Quando in terza media mi avevano prestato Harvest non era ancora scattata la passione: troppo ripulito! mancava l’emozione più grezza, viscerale... quei brividi che avrei poi cercato nei solchi a 33 giri della sua discografia, soprattutto quella dei suoi momenti più inquieti (Time fades away, On the beach, Tonight’s the night), nei punti in cui La Voce si faceva più spezzata, più vibrante. Brividi che sacralmente condividevo con la mia compagna di banco e con l'altra adepta del culto che si riconoscerà leggendo, insieme al traffico sottobanco di LP, all'incollaggio rituale di ritagli di Rockstar e Ciao 2001 sul diario scolastico, allo studio minuzioso dei testi (che mi hanno insegnato l'inglese molto più che la scuola).
Nel giro di un anno avevo comprato tutti i suoi dischi fino ad allora usciti. Era il 1980. Poi cominciò a fare cose strane... ballate filo-USA, proprio mentre veniva eletto Ronald Reagan!! Uso di vocoder e sintetizzatori, revival rockabilly, jazz, country del più reazionario.
Ad ogni nuova uscita era come se ci pestasse i piedi, ci chiedevamo sgomenti: “Perché?”.
Evitai la crisi d'astinenza solo grazie al canale delle mitiche “fanzines” specializzate, che spacciavano registrazioni illegali dei suoi concerti con il rarissimo inedito o quella particolare versione del tale pezzo cantata in un certo modo: la droga mi arrivava contrassegno, in buste con la plastica a bolli.
In seguito si è saputo che in quel periodo Neil Young stava vivendo gravi problemi familiari. Secondo me però un po’ di umorismo sadico in quegli esperimenti musicali c’era, una vena d'ironia sottilmente diabolica l'ha sempre avuta.
Negli anni '90 è tornato al suo rock grezzo e sincero e a fare da papà adottivo ai vari Dream Syndacate, Pearl Jam, Nirvana etc. Ha anche avuto un aneurisma ma se l'è cavata bene. Ora ha fatto un disco contro Bush e la guerra, e sta per uscire un film di Jonathan Demme sui suoi ultimi concerti, intitolato "Heart of Gold". Le cose degli ultimi anni le ho ascoltate poco...però quando mi succede all’improvviso di riconoscere alla radio La Voce è come se la riscoprissi nel mio sangue, dentro le mie cellule, che in qualche modo ha nutrito.